Il Castrum Roseti e le Mura di Cinta
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- Creato Sabato, 09 Giugno 2012 10:25
Il Castrum Roseti fu edificato insieme con le mura di cinta sotto il regno di Roberto il Guiscardo.
Tra i primi documenti che sono stati rinvenuti ce ne uno di Federico II di Svevia il quale comanda al Secretus di Messina Majore di Plancatone e ad altri principi di sollevare il Castrum Roseti in modo da non rovinare i dipinti. Qui siamo tra il 1220 e il 1250.
Il Castrum Roseti è, quindi, anteriore a quello ampliato da Federico II nel 13° secolo e che è situato sul roccione a picco sul mare.
Era un castello autosufficiente con cinta murarie, le stalle, le prigioni, la cisterna per la raccolta delle acque e le stanze adibite ad abitazione del feudatario.
Di proprietà nel ‘900 della famiglia Lillo, fu da questa famiglia donato al Comune di Roseto Capo Spulico che lo restaurò, per cui oggi ospita i locali del municipio e al piano terra quelli del Museo Etnografico.
Al lato est c’è la porta urbica detta “Porta della Terra” perché da li si usciva per andare alla campagna.
Durante il periodo fascista la piazzetta adiacente alla porta urbica veniva chiamata Piano dei Cannoni e nella toponomastica Piazza della Vittoria. Oggi è chiamata Piazza Roberto il Guscardo.
Seguendo le mura di cinta che dal Castrum Roseti vanno fino al bastione per ritornare ad ovest fino al Palazzo Mazzario, incontriamo diversi ingressi, tra cui il più caratteristico è detto “Il Pertugio del Pizzo” adiacente alla torre di avvistamento in pietra secca.
Caratteristica degli ingressi al borgo sono le “vinelle” tra le quali ce n’è una che si narra sia stata classificata la più stretta via d’Italia.
Perché queste vinelle?
Perché servivano per permettere l’ingresso nel borgo abitato solo alle persone che, tornando a sera dalla campagna con gli asini carichi di roba, erano costretti, non potendo transitare per quelle strettoie gli asini con la soma, a lasciarli alla custodia delle guardie del Castrum, fisse alla porta urbica affinchè potessero prelevare la quota di roba (olive, ortaggi, grano ecc) per legge al feudatario.